IDEE E PENSIERI POLITICI DI LIBERTÀ
Massimo Severo Orlandi, esperto e studioso di diritto costituzionale, propone in un’intervista alcuni spunti di riflessione per la comprensione del nostro tempo esplorando l’evoluzione dei sistemi politici attraverso i grandi mutamenti socioculturali, nel segno di un’innata sensibilità liberale, federalista e personalista che, sopra ogni cosa, ama gli uomini e le civiltà.
RIFORMA O COLPO DI STATO? IL MIO NO ALLA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE TARGATA PD
Intervista a Federica Epis, segretario cittadino della Lega Nord di Orzinuovi
A cura di Massimo Severo Orlandi
Cara Federica, come puoi immaginare l’argomento di oggi mi trova particolarmente interessato: vorrei parlare del referendum costituzionale previsto per il 4 dicembre 2016. Si tratta della più vasta riforma del testo costituzionale mai approvata dal Parlamento dal 1948 ad oggi, che ha come obiettivo principale la modifica del bicameralismo e l’equilibrio tra Stato e Regioni e come obiettivi secondari un gran numero di cose. Come costituzionalista, avrei molto da dire, ma rischierei di svolgere l’analisi sotto il profilo tecnico. Piuttosto, mi interessa sapere cosa ne pensi tu.
Ci sono molte ragioni di merito per cui la proposta di revisione della Costituzione su cui siamo chiamati a votare suscita numerose preoccupazioni (per approfondire clicca qui). È sufficiente un breve elenco, che spazia davvero a tutto campo: lo strambo assetto di poteri che andrebbe di fatto a crearsi; una devastante erosione di democrazia che viene attuata, da un lato, con la pesante diminuzione del diritto di votare, dall’altro con la falce che si abbatterebbe sulle regioni virtuose, che saranno impossibilitate a continuare le loro buone pratiche, soverchiate dai diktat dello Stato di Roma… Potrei andare avanti a lungo, ma non è quello di cui vorrei parlare, soprattutto con te che sei un esperto in materia.
Il tuo è un “no” secco e preciso, che, ad essere sincero, non mi sorprende.
Di più. Direi che il mio è un no che viene dal cuore, dal mio amore per la libertà e dal sincero attaccamento ai più sani valori repubblicani. Anzitutto trovo oltremodo riduttivo chiamare semplicemente “riforma” questa proposta di revisione costituzionale che stravolge nel profondo l’assetto della Repubblica. Soprattutto, però, ciò che qui viene in discussione è la legittimità stessa della riforma visto che questa, come sappiamo, è nata nelle sedi del partito democratico e non dal confronto in seno a una commissione parlamentare, dove sarebbe stato possibile elaborare soluzioni condivise per la riscrittura di quelle che sono per così dire le “regole del gioco”, non una legge che norma un qualsiasi settore, ma le condizioni di esistenza di questa comunità politica, le regole che, appunto, la costituiscono in quanto tale.
Possiamo dire che questa riforma è nata da una parte politica e dalla volontà di un governo. Tuttavia, è stata votata dal Parlamento. Tu non credi che, per questa ragione “tecnica”, possa essere una riforma condivisa?
Lo escludo, e ti spiego il perchè. Questa “riforma”, che come ho detto è nata molto male nelle sedi del PD, è poi stata votata dai parlamentari eletti nel 2013, quando era in vigore una legge elettorale dichiarata incostituzionale, e infine è stata approvata da una maggioranza parlamentare composita e fluida che non rispecchia certo le intenzioni di voto dei cittadini: basti pensare che il candidato del PD a Presidente del Consiglio era Pierluigi Bersani, che capo del governo non lo è mai diventato. Quel Parlamento ha giusto fatto in tempo a ri-eleggere Giorgio Napolitano per il suo secondo mandato, e questi fu in sostanza il “padre politico” di Matteo Renzi, che fu nominato infatti Presidente del Consiglio, quando le ultime elezioni in cui si è candidato erano quelle per il sindaco di Firenze. Il resto della storia, purtroppo, lo conosciamo ed è una storia tutta interna a quel partito, che ha espresso due Presidenti del Consiglio (Letta e Renzi, appunto) e che ha scelto, quasi in solitaria, il nuovo Presidente della Repubblica dopo le dimissioni di Napolitano. In questo paese il PD si fa eleggere da leggi incostituzionali, si vota da sé il Presidente della Repubblica e da questo fa nominare il proprio governo. Fanno tutto loro, senza che i cittadini possano mai esprimere un’opinione. Se poi pensiamo che tutto ciò è avvenuto dopo la riforma Rai, che ha di fatto messo nelle mani del governo la pubblica informazione, avviandola a divenire compiutamente mezzo di propaganda di Stato, capiamo fino in fondo cosa sta succedendo, ed è davvero grave. È ingiusto, è anti democratico, è un incubo per chiunque ami e conosca la libertà.
Vi sono costituzionalisti autorevoli che sostengono ciò che hai detto, ovvero l’assurdità di un Parlamento eletto con una legge che la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale in alcuni punti (sent. 1/2014, precisamente il premio di maggioranza e le liste bloccate) che si è impegnato nella più ampia riforma costituzionale della storia repubblicana e senza nemmeno un’ampia condivisione politica. Personalmente noto una cosa: non ci sono più i “girotondi” e i cartelli “giù le mani dalla Costituzione” che si vedevano nel 2006, quando la riforma era voluta dal centro-destra e la sinistra votava per il “no” nella convinzione che la nostra Costituzione fosse la più bella del mondo, mentre oggi la stessa parte politica (e spesso le stesse persone) dicono che è da rottamare.
La stessa cosa è accaduta nel 2001. La riforma del Titolo V è stata votata dalla sinistra e oggi ci dicono che il Paese è bloccato perché le Regioni hanno troppo peso, quello stesso peso che rivendicavano come un grande successo nel rafforzare il regionalismo all’inizio del secolo. È legittimo chiedersi cosa spinga un partito a compiere queste piroette politiche senza un minimo di coerenza e credo che la risposta sia solo una: la corsa al potere. Non parlo di una semplice corsa al potere politico all’interno di istituzioni riconosciute, che sarebbe del tutto legittima, parlo piuttosto della ricerca di un potere maggiore, il potere di sovrapporsi alle istituzioni stesse, forzando la Costituzione come abbiamo visto e sfruttandone le debolezze per demolirla, per restare soli al comando, in un sistema ormai completamente revisionato che annienta i contrappesi politici e territoriali. La stessa opposizione del voto popolare sugli organi legislativi è messa in discussione. A me sembra qualcosa di simile a un silenzioso colpo di Stato.
Colpo di Stato è un termine forte per chi, come me, si occupa di diritto. Davvero vedi uno stravolgimento della Costituzione?
Spero di aver spiegato concretamente, sebbene con schiettezza, quello che sta succedendo in questo Paese. La democrazia è a rischio perché è a rischio il rapporto tra elettore e legislatore, sono a rischio le regole scritte o non scritte che fino ad oggi ancoravano l’esercizio del potere a una Carta costituzionale, bella o brutta che fosse. Lo svilimento del processo costituente o ri-costituente corrisponde ipso facto a una delegittimazione del valore fondativo delle norme costituzionali. Queste, così, cessano di sancire l’adesione consensuale dei cittadini a una comunità politica. Se poi, come probabile, sarà difficoltoso dare attuazione puntuale e conforme alla nuova Costituzione e questa restasse perciò in un limbo di incongruenze con il resto dell’ordinamento, allora sarà davvero grave, perché la Carta costituzionale diverrà poco più che carta straccia. Questo è pericoloso sia perché il cittadino smetterà di riconoscere l’autorità delle istituzioni, sia perché queste diventeranno preda di chiunque abbia la forza, di volta in volta, di controllarle, sia l’alta magistratura, l’esercito o il potere finanziario. Mi rendo conto che il panorama che dipingo non è forse dietro l’angolo, ma la direzione che stiamo prendendo è quella e mi preoccupa seriamente. L’unica ancora di salvezza è proteggere la Costituzione dalle grinfie del partito “democratico” (le virgolette sono d’obbligo).
Da cui discende il tuo voto per il NO. Ma non nascondiamoci dietro i tecnicismi o, all’opposto, i massimi sistemi: questo referendum ha anche un valore politico sull’operato del governo.
Dare questa “bastonata” a Renzi e alle sue manie di grandezza con un secco NO è l’unico modo per fermare la deriva, interrompere la lunga serie di abusi della stessa Costituzione nelle mani del PD, richiamarlo all’ordine e al rispetto delle regole condivise. Questo partito si sta comportando come il partito comunista sovietico dei tempi d’oro. Non scherzo, abbiamo accennato prima alla riforma delle modalità di nomina dei dirigenti Rai, oggi più che mai asserviti al governo, che controlla e pianifica l’economia aumentando vertiginosamente le tasse verso chi lavora e produce, ma dirigendo le risorse verso l’alimentazione dei flussi migratori, che a loro volta generano tutta una serie di “servizi” pagati con denaro pubblico a discapito di chi produce beni e servizi veri, che servono al mercato e ai cittadini. Questo argomento a prima vista potrebbe sembrare poco inerente, ma non è così. Infatti, consolidare il potere del partito “della nazione” di Renzi votando sì al referendum significa precluderci ogni possibilità di uscire da questo baratro. Significa intraprendere una strada di decadimento civile, istituzionale ed economico da cui poi sarà davvero difficile ritornare. La posta in gioco per chi comanda è alta, ti racconterei volentieri di tutte le menzogne che vengono raccontate e le imprecisioni subdole per condizionare l’opinione pubblica attraverso i media.
Volentieri, ma per oggi fermiamoci qui. Avremo modo di risentirci presto perché il tema che sollevi, quello del rapporto tra potere politico e informazione, stimola certamente il mio interesse.
30 novembre 2016