Nel 2011 ebbi l’onore di scrivere per la rivista Confronti una rassegna sul federalismo fiscale, che ripropongo di seguito. Va detto che tutte le parti politiche e intellettuali, da interi decenni fino ad oggi, considerano unanimemente il decentramento della fiscalità quale soluzione alla gran parte dei problemi del Paese, dai disastri nella spesa pubblica al Sud alla responsabilità della classe politica nei confronti del denaro pubblico. Il federalismo fiscale eviterebbe in questo modo anche la deriva populista che spinge i cittadini contro la politica e contro le istituzioni anzichè – come dovrebbe essere – alla partecipazione e alla lealtà istituzionale, in un corto circuito nocivo per il buon funzionamento della società.
Un corto circuito che, tra le altre cose, ha consentito a un Parlamento delegittimato dalla Corte costituzionale di promuovere un progetto di modifiche alla Costituzione che distruggerà quel poco di democrazia, di equilibrio e di ordine istituzionale che ancora conserva questa malconcia Italia. E il Presidente del Consiglio Renzi può sventolare queste modifiche distruttive come se niente fosse, semplicemente dando loro un titolo che piace alla gente: “diminuzione dei costi della politica”, anche se questa diminuzione dei costi non è affatto oggetto delle modifiche che andremo a votare al prossimo referendum.
Sarebbe stato meglio dare attuazione all’articolo 119 della Costituzione, che consente l’efficienza delle istituzioni attraverso l’autonomia finanziaria, di entrata e di spesa. Significa che ogni livello istituzionale deve chiedere una certa quantità di tasse ai cittadini e utilizzarle per le funzioni e i servizi di competenza. In questo modo il cittadino è in grado di sapere quale istituzione opera il prelievo fiscale e come utilizza effettivamente il denaro. Oggi, al contrario, lo Stato centrale impone tasse su tasse, oltretutto con meccanismi complicatissimi e oscuri, tenendo quasi tutto il malloppo per sè e lasciando solo le briciole agli enti locali, che però sono quelli che hanno il compito di erogare i servizi. Ecco il corto circuito: la gente se la prende con gli enti locali che non danno servizi, legittimando di fatto Renzi e il suo tentativo di accentrare ulteriormente il potere verso lo Stato centrale, che purtroppo è la causa vera delle nostre disgrazie per quanto sopra esposto.
Stanno tentando di distruggere la Costituzione, per accentrare i poteri ed eliminare così definitivamente la responsabilità della politica sui soldi che lo Stato sottrae ai cittadini sempre più pesantemente e prepotentemente. Ciononostante i politici del partito democratico hanno regalato anche quest’anno ai diciottenni la Costituzione, che per loro era “la più bella del mondo” e non si poteva toccare (se solo il centro destra voleva apporre piccole modifiche) con tanto di annulli filatelici e pomposi cerimoniali. Falsi e ipocriti, questo sono i nostri governanti.
Federalismo fiscale, una bibliografia ragionata a cura di Federica Epis
Il federalismo fiscale è il mezzo per restituire legittimità al rapporto tra elettori e governanti, tra Stato centrale e Comunità locali
Anche se ha raggiunto il grande pubblico soltanto attorno al 2009, anno in cui è stata votata la legge delega in materia, nel mondo degli studiosi di scienze politiche e di diritto amministrativo e dei commentatori dei più diversi orientamenti la questione del “federalismo fiscale” era all’ordine del giorno già da oltre vent’anni… (“Federalismo fiscale: una bibliografia ragionata”, a cura di Federica Epis, Confronti 3/2011. Continua a leggere l’articolo QUI)
Confronti. Autonomia Lombarda: Le Idee, I Fatti, Le Esperienze è la rivista di dibattito e di cultura politica di Regione Lombardia, la cui redazione nel 2011 è stata affidata all’Istituto superiore per la ricerca, la statistica e la formazione Éupolis Lombardia, mantenendo invariata la direzione del periodico, affidata a Robi Ronza.